Conversazione dal futuro

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17 Aprile 2050

N: ciao zia,come stai?

i: si tira avanti, amore. La vecchiaia si fa sentire. Tu come stai? Hai fatto i compiti?

N: bene grazie. Zia a proposito dei compiti, oggi a scuola abbiamo parlato di una cosa che è successa tanto tempo, nel 2020 mi sembra.

I: quell’anno non è stato molto fortunato per noi, tesoro. Abbiamo avuto molti pensieri per la testa e molti problemi da risolvere.

N: Per chi?

I: per tutti noi, l’ Italia, l’Europa, il mondo.Tutti, nessuno escluso.

N: la maestra ci ha detto che ad un certo punto era scoppiata una pandemia, ma io non so cosa vuol dire. Mi racconti cosa è successo? Tu c’eri?

I: si certo che c’ero! Proprio in quel periodo compievo 29. Mi ero da poco sistemata in una casa nuova, dopo un anno di inferno sballottata tra una casa provvisoria ed un altra. Mi ricordo che quella casa mi piaceva, finalmente mi sentivo in un posto sicuro dopo molto tempo. Ero molto felice e serena in quei mesi! Avevo un lavoro, molti amici con i quali passavamo tanti bei momenti insieme e finalmente sentivo che mi stavo realizzando come donna emancipata. Uscivamo spesso per andare in giro, per fare shopping, per mangiare e soprattutto per incontraci nei bar e bere un po’ di vino buono.

N: che bello zia!

I: si era molto bello. Passavamo tutti la giornata intera in ufficio e dopo ci si incontrava per scaricare lo stress. Mi ricordo che insieme ad alcune mie amiche andavamo in palestra. Il motivo ufficiale era per dimagrire o comunque avere un corpo più sodo, ma quello ufficioso, almeno per me, era vedere i ragazzi muscolosi che si allenavano.

N: zia sei sempre la solita! Vai avanti. Cosa è successo poi?

I: era da poco passato il periodo natalizio e piano piano si ritornava alla vita di tutti i giorni. I telegiornali parlavano di un virus, il Covid19 che stava mietendo migliaia di vittime nella lontana Cina, in una regione chiamata Wuhan. La gente veniva contagiata, aveva difficoltà respiratorie e moriva.

N: com’è possibile? Non c’erano delle medicine? Da dove veniva questo virus?

I: purtroppo all’epoca si trattava di un virus nuovo. I medici non sapevano come trattarlo, sembrava resistente ad ogni tipo di cura. Qualcuno diceva che proveniva dai pipistrelli del mercato di animali in Cina, altri che si trattava di un esperimento batteriologico fatto in laboratorio accidentalmente portato fuori, le teorie complottiste invece, davano la colpa agli americani o al governo cinese. Insomma per molti molti mesi non si è parlato d’altro e dopo 30 anni noi comuni mortali non sappiamo ancora la verità.

N: io non capisco. Se era in Cina, perchè prima hai detto il mondo intero.

N: bhe nel 2020 la globalizzazione era tale da permettere alle persone di spostarsi con estrema facilità da un punto all’altro del mondo. Quasi tutte le aziende avevano rapporti con le altre dislocate in altre parti del mondo. Cose e persone viaggiavano continuamente, per lavoro, divertimento. La Cina poi era una potenza economica molto forte per cui molte persone andavano lì continuamente. Puoi facilmente capire che se una persona era stata lì e aveva preso il virus, nel viaggio di ritorno verso il proprio paese avrebbe potuto contagiare milioni per persone che a loro volta portavano il virus a spasso.

N: si in effetti non era poi così difficile essere infettati. Di preciso di che virus parliamo?

I: all’inizio qualcuno l’ha chiamata una semplice influenza, poi qualcosa in più rispetto all’influenza e poi hanno dichiarato pandemia. Praticamente questo virus ti danneggiava i polmoni. Mi ricordo che appena si seppe del primo caso in Italia, fu panico. Neanche una settimana dopo la Lombardia, doveva vivevo all’epoca, fu dichiarata zona rossa. Nessuno entrava nessuno usciva. Scene di panico. Persone che scappavano al sud dai parenti, treni carichi persone. Dopo poco tutta l’Italia fu chiusa e iniziammo un interminabile periodo di reclusione chiamato quarantena.

N: cioè?

I: praticamente chi poteva, doveva lavorare da casa. Si usciva solamente per andare al supermercato o in farmacia. Niente più bar, ristoranti, cinema, palestre, piscine, scuole o università. Dovevamo restare a casa per evitare il contagio. Io non ho visto i miei amici per tantissimo tempo, per fortuna che avevamo le video chiamate. Ho potuto riabbracciare la mia famiglia a Napoli dopo un periodo che mi era sembrato infinito e mi ricordo che quando ho visto mia madre volevo correrle incontro per abbracciarla, ma avevo paura del contatto e mi accasciai a terra singhiozzando. In quel periodo le persone dovevano stare a un metro di distanza, al supermercato ci potevi andare con mascherina e guanti dopo aver fatto una fila di ore.

N: mi sembra impensabile oggi vivere in questo modo.

I: tesoro, all’epoca lo era anche per noi. Le giornate iniziavano ad essere tiepide, arrivava la primavera. Fu la prima Pasqua che passai completamente da sola e mi scolai un paio di bottiglie di vino . Io e la mia amica ci allenavamo insieme tramite computer perché volevamo comunque essere in forma e nelle nostre risate c’era sempre un velo di amarezza. Passavo le mie giornate a casa, tra il lavoro, le pulizie, le serie tv e i libri. Mi ricordo che la mia casa non era mai stata così pulita e la mia pelle era così idratata come mai. Passavo molto tempo a prendermi cura di me stessa.

N: e il lavoro? Cioè se tutto era chiuso come facevate?

I: furono dei mesi difficili un po’ per tutti. Chi perse il lavoro, chi riceveva qualche aiuto dallo stato, chi diede fondo ai risparmi e si andava avanti. L’economia mondiale era quasi in ginocchio.

N: tu come l’hai vissuta?

I: all’inizio pensavo fosse come vivere in uno di quei film sulla fine del mondo. Quando ho iniziato a lavorare da casa, ho pianto molto. Avevo paura della solitudine. Non sapevo cosa ci dovevamo aspettare. I numeri di morti saliva ogni giorno e tutte le notizie che leggevo erano drammatiche. Poi piano piano ho iniziato a creare la mia routine da quarantena e mi ci sono abituata.

N: avevi paura?

I: si tanta. Avevo paura di prendere il virus. All’epoca ogni colpo di tosse mi teneva sveglia una notte intera. Ero diventata ipocondriaca. Avevo paura di avere il virus ed essere asintomatica e di averlo potuto passare agli altri. Quando doveva andare a fare la spesa ero terrorizzata, ma la cosa che ancora oggi mi fa venire la pelle d’oca è che io avevo paura delle persone. Non riuscivo a guardare nessuno negli occhi. Se qualcuno inavvertitamente mi passava troppo vicino, io di scatto mi allontanavo. Questa sensazione l’ho portata con me per molto tempo dopo e piano piano mi sono dovuta riabituare al contatto umano.

N: cosa ti mancava?

I: la mia vita banale. Le serate con gli amici, le passeggiate senza meta, poter respirare senza una mascherina che copriva l’intero viso. Abbracciare le persone che amavo e andare a fare shopping o la spesa senza paura di ammalarmi. Mi mancava la mia famiglia, perché non sapevo quando avrei rivisto tutti.

N: è stato brutto?

I: è stato difficile, inaspettato. All’epoca eravamo molto egoisti e sboroni. Tutti pensavamo che non potesse succederci nulla. Noi eravamo avanti anni luce in fatto di tecnologia, di ricerca ed è bastato un virus minuscolo a mettere in ginocchio l’umanità .Però c’erano anche cose belle.

N: davvero?

I: all’inizio le persone si affacciavano dai balconi e si cantava insieme, si applaudiva. L’inno d’Italia riecheggiava in ogni angolo e in alcuni momenti la solitudine pesava di meno.

N: poi?

I: purtroppo ci è voluto molto tempo per riprenderci. Il sistema sanitario era a pezzi, l’economia faceva acqua da tutte le parti, le persone non rispettavano la quarantena e il virus era implacabile. Morirono molte persone quell’anno. Ancora mi ricordo le scene dei carri armati che portavano le bare perché nei cimiteri non c’era più posto. Anche la morte non sembrava avere dignità in quei mesi.

N: com’è finita?

I: non lo so. Non so se sia mai finita del tutto. Piano piano, dopo l’ennesima estensione della quarantena, i capi di Stato hanno iniziato ad aprire le attività commerciali. Si poteva uscire sempre con la mascherina rispettando le misure di sicurezza. La vita si è dovuta adattare al virus e abbiamo imparato a conviverci. Ci hanno messo molto tempo, ma hanno trovato un vaccino e piano piano nessuno più ha voluto parlare di quel periodo.

N: ti ha cambiata?

I: si certo! Ho avuto modo di pensare molto in quei mesi e ho capito che non avrei mai dato più niente per scontato, che avrei fatto una cosa senza rimandarla perché basta un secondo per cambiare il mondo. Avevo deciso di trascorrere più tempo con la mia famiglia e con i miei amici. Avrei fatto le cose che mi piacevano senza preoccuparmi troppo del futuro perché avevo capito che era importante vivere il momento.

N: la prima cosa che hai fatto quando è finita la quarante?

I: ho pianto, sono uscita di casa e ho pianto. Come ti ho detto prima, avevo ancora paura a toccare le persone. Sono andata dai miei amici e ho pianto con loro. Qualche mese più tardi, ci hanno permesso di viaggiare e ho preso il primo treno per Napoli. Quella sensazione di libertà non mi ha più lasciata. La vita poi piano piano è tornata normale, anche se tutti eravamo sempre all’erta .

N: è stata un’esperienza assurda!

I: surreale, inaspettata, forte, traumatica e soprattutto indelebile.

N: come hai fatto ad andare avanti, da sola?

I: io non ero da sola. I miei amici erano sempre con me, la mia famiglia sempre presente anche se distanti. Ci sono stati molti momenti difficili. Ho pianto tanto, ma avevo sempre qualcuno con cui parlare.

N: e alla fine?

I: alla fine è andato tutto bene!

Pia

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Avatar di jessmar04 jessmar04 ha detto:

    Non sei mai sola, fintantoché ci sono io qui.

    Piace a 1 persona

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